Il nostro giudizio

Un film che nonostante diversi problemi di sceneggiatura riesce a trasmettere con grazia ed empatia il dolore di un uomo anziano che si ritrova improvvisamente solo.

Lei mi parla ancora, di Pupi Avati

TRAMA

Un ghostwriter di successo, che sogna di pubblicare il suo primo romanzo, viene ingaggiato dalla figlia di un diffidente uomo di ottanta anni che ha appena perso la moglie. Dovrà scrivere una raccolta di memorie e ripercorrere la grande storia d’amore fra i due coniugi che si sono creduti immortali in virtù del grande bene che si sono sempre voluti.

RECENSIONE

Pupi Avati, dopo il ritorno all’horror con Il Signor Diavolo del 2019, realizza un film drammatico e intimista che nonostante diversi problemi di sceneggiatura riesce a trasmettere con grazia ed empatia il dolore di un uomo anziano che si ritrova improvvisamente solo. Un mescolarsi di epoche per raccontare la storia d’amore di una vita, la sua importanza, la sua sacralità e la sua immortalità. Un film esteticamente diviso in due, che trova la sua parte migliore nelle scene anni ’50, basate sui ricordi dell’anziano Nino. Non bastano però la buona fotografia per metà del film e gli splendidi Lino Musella e Isabella Ragonese – accompagnati dalla calda voce narrante di Dario Penne – per salvare una pellicola che si sfilaccia piano piano fino a spezzarsi sul finale con la mancanza di un epilogo, che avrebbe chiuso le tante e corpose storie intavolate in fase iniziale.

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Un film che nonostante diversi problemi di sceneggiatura riesce a trasmettere con grazia ed empatia il dolore di un uomo anziano che si ritrova improvvisamente solo.Lei mi parla ancora, di Pupi Avati