Giovanni è un regista impegnato nella realizzazione del suo nuovo film, ambientato nel 1956 durante l’invasione sovietica dell’Ungheria, in cui il protagonista Ennio, presidente della sezione del Partito Comunista Italiano del Quarticciolo, vive un conflitto interiore drammatico, diviso tra la vicinanza dei compagni alla rivoluzione ungherese e la fedeltà assoluta alla linea di partito dettata da Palmiro Togliatti. Durante le riprese, il regista deve affrontare molte difficoltà, tra cui la rovina finanziaria del produttore francese Pierre e altri ostacoli inaspettati che minacciano lo svolgimento delle riprese.
Dopo il film Tre Piani del 2021, Nanni Moretti torna alla sua essenza, al cinema di Sogni d’oro, Caro diario, Aprile e Il caimano. Il regista attinge a piene mani agli elementi cardine del suo cinema, come la sua ironia e autoironia, i momenti surreali, i monologhi deliranti, le battute clamorose, i palleggi con il pallone e le canzoni cantate a squarciagola, per raccontare la sua visione della società e del cinema di oggi. Il sol dell’avvenire, il suo ultimo film, è un racconto meta-cinematografico e nostalgico in cui Moretti si mette a nudo con estrema sincerità, seguendo l’esempio di Pedro Almodovar in Dolor Y Gloria del 2019, Spielberg in The Fabelmas del 2022 e Bellocchio in Marx può aspettare del 2021. Ne Il sol dell’avvenire, Giovanni/Nanni cambia, seguendo le linee guida delle nuove dinamiche produttive di Netflix, guardando al passato e citando Lola di Jacques Demy, John Cassavetes, San Michele aveva un gallo dei Fratelli Taviani, Kieslowski e Cesare Pavese. Moretti sa che il pubblico è cambiato, ma fa finta di niente, e realizza un film che riafferma la forza del cinema.