Il nostro giudizio

Film coraggioso ma un pò eccessivo che non regge il confront con Lo chiamavano Jeeg Robot dell'esordio. Gli scenari e la fotografia di D'Attanasio elevano il film.

Freaks out, di Gabriele Mainetti

TRAMA

Quattro amici – Matilde, Cencio, Fulvio e Mario – così legati tra loro da essere quasi come fratelli. Siamo nel 1943, a Roma, proprio nel bel mezzo della Seconda guerra mondiale e nell’anno in cui la Capitale è scenario di bombardamenti tra nazisti e Alleati.
I quattro lavorano in un circo, gestito da Israel, che per loro- più che un capo – è una sorta di figura paterna. Quando quest’ultimo cerca di trovare una via di fuga che li porti lontano dal conflitto, scompare misteriosamente, lasciando i quattro soli e senza alcuna prospettiva. Matilde, Cencio, Fulvio e Mario si ritrovano improvvisamente senza quello che avevano prima, un circo che era sinonimo di famiglia e sicurezza. Senza Israel, senza il tendone sono soltanto dei fenomeni da baraccone privi di uno scopo nella vita, bloccati nella Città eterna, che inizia a crollare sotto i duri colpi bellici.

RECENSIONE

Mainetti e Guaglianone sono un fiume in piena e realizzano un film coraggioso ma un pò eccessivo che non regge il confront col Lo chiamavano Jeeg Robot dell’esordio. Gli scenari e la fotografia di D’Attanasio elevano il film.

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Film coraggioso ma un pò eccessivo che non regge il confront con Lo chiamavano Jeeg Robot dell'esordio. Gli scenari e la fotografia di D'Attanasio elevano il film.Freaks out, di Gabriele Mainetti